Lassate fa ‘o guaglione

Luigi Giura nacque il 1 Ottobre 1795 a Maschito, nell’odierna Basilicata. Particolarmente versato per gli studi matematici, appassionato di meccanica e idraulica, si diplomò nel 1814, primo fra dodici allievi presso la scuola napoletana di Ponti e Strade. A questo corso di studi seguì il triennio di Architettura Civile e delle Arti del Disegno e poi la laurea in Ingegneria Civile con una brillante ed avveniristica tesi sulle proporzioni modulari degli edifici civili. Tesi che anticipava già chiaramente non solo una brillante carriera professionale, che lo avrebbe portato al massimo ruolo di Ingegnere di Stato, ma anche la formazione di una vera e propria nuova scuola di pensiero tecnico-scientifico, riconosciuta a livello internazionale.

L’ing. Luigi Giura.

Terminati gli studi, Giura trovò da subito impiego nel Corpo Ponti e Strade, antesignano del futuro Genio Civile. Erano anni d’oro per lo sviluppo tecnologico, economico e del benessere sociale del Regno delle Due Sicilie, che vide crescere il proprio prodotto interno lordo in modo robusto e progressivo, nonostante le interferenze soprattutto inglesi, ma anche austriache e francesi, le cui politiche erano dichiaratamente ostili all’affermazione di una potenza italiana mediterranea legata al Papa e alla Russia da forti rapporti di cooperazione e di amicizia.

Nel febbraio del 1828 Francesco I di Borbone incaricò Luigi Giura di provvedere alla costruzione di un ponte sospeso in ferro sul Garigliano. All’epoca già esistevano esemplari del genere in Inghilterra, Francia, Germania ed Austria. Giura iniziò pertanto un viaggio di studio per osservare, studiare e disegnare (non esisteva la fotografia) i progetti dei ponti già esistenti ed il 14 aprile 1828 era già in grado di presentare il suo elaborato completo e dettagliato in tutte le sue parti compresi rilievi, i sondaggi del terreno ed il costo totale (chiavi in mano). Approvato dalla Direzione Nazionale delle strade e dei ponti, il re comandò l’avvio immediato delle gare di appalto che dovevano essere rigorosamente limitate a ditte e materiali delle Due Sicilie.

Il 20 maggio 1828 furono iniziati lavori e il giornale inglese The Illustrated London News espresse “perplessità sulle capacità progettuali e costruttive dei napoletani e le sue vive preoccupazioni sulla sorte dei poveri sudditi, sicure vittime di questo vano esperimento di sprovveduti dettato solo dalla voglia di primeggiare”. In effetti a quella data i ponti sospesi in ferro avevano tutti un grosso problema legato alla flessibilità della lega ferrosa allora usata che li rendeva oscillanti ai grossi pesi ed al forte vento.

Erano quelli anni burrascosi per questa tecnologia costruttiva. Nel 1826, il Pont des Invalides sulla Senna a Parigi, progettato dall’accademico Claude-Louis Navier e ancora in costruzione, subì danni irreparabili quando i cavi di ancoraggio cedettero, e i piloni si inclinarono pericolosamente verso il fiume. Lo scandalo fu tale che pose una pietra tombale sulla carriera da ingegnere progettista di Navier. Sempre in quegli anni in Inghilterra crollò il Dryburgh Abbey Bridge sul fiume Tweed. Il ponte fu ricostruito, ma crollò nuovamente con grande scalpore nel 1838. Anche in Germania i ponti sospesi erano visti con scetticismo dopo il tragico crollo (55 vittime) nel 1825 del ponte pedonale sul fiume Saale in Bassa Sassonia, a soli tre mesi dalla sua inaugurazione. Insomma, l’Europa era tutta un vespaio di critiche contro questo nuovo tipo di costruzione e il malcontento arrivò fino a Napoli dove il consiglio dei ministri del Re si espresse per la sospensione dei lavori. Il sovrano non si scompose e si narra che esclamò: ”Lassate fa ‘o guaglione”.

Il Pont des Invalides sulla Senna a Parigi, progettato da Claude-Louis Navier, non fu mai completato.

Fatto sta che i lavori proseguirono, mentre il ventenne Ferdinando II succedeva al trono nel 1830. Il sovrano era giovane e simpatizzava apertamente per i giovani, li
spronava a studiare, a competere e a far sempre meglio attraverso un’infinità di agevolazioni e premi, ponendo come solo limite la sacralità della Cosa Pubblica, a cui dobbiamo subito collegare una parsimoniosa e onesta gestione delle risorse finanziarie dello Stato. In questo clima sociale si deve inserire la vita professionale di Giura e di tanti suoi colleghi, moltissimi dei quali, come lui, pur provenendo da famiglie modeste, trovarono ovunque opportunità di lavoro e di affermazione professionale nell’industria privata come in quella pubblica.

Il 4 maggio del 1832 il solito giornale inglese ipotizzava che il ponte fosse pronto, ma non fosse stato ancora collaudato per “timore del suo sicuro crollo”. Il 10 maggio 1832 Ferdinando II si presentò davanti alle torri di sostegno del ponte alla testa di due squadroni di lancieri a cavallo e 16 carri pesanti di artiglieria, colmi di materiali e munizioni. Sulle due rive del Garigliano gli fanno ala ambasciatori, militari e una folla strabocchevole di gente proveniente dai centri vicini. Quando il sovrano si piazzò al centro del ponte con la sciabola alzata, si fece un gran silenzio; con voce ferma comandò agli uomini di passare il ponte più volte in ambo le direzioni, prima al trotto e poi al galoppo, infine alla carica; poi passarono i carri e le truppe.

Terminato il “collaudo”, fu la la volta della benedizione del vescovo di Gaeta seguito dal popolo in processione e dopo iniziarono fuochi d’artificio, danze e canti in un tripudio di folla: il Ponte Real Ferdinando aveva retto, la realizzazione avveniristica era perfettamente riuscita.

Il Ponte Real Ferdinando sul fiume Garigliano.

Giura aveva studiato il materiale da utilizzare e per aumentare la resistenza del ferro dolce fece produrre dalle fonderie di Mongiana una lega al nichel. Le travi così composte furono irrigidite meccanicamente con trafilamento a mezzo di una apposita macchina “astatesa” progettata da lui stesso. Questo doppio trattamento, chimico e meccanico, conferì al materiale caratteristiche meccaniche impensabili per quei tempi, ed anche una notevolissima resistenza alla corrosione ed all’invecchiamento.

Il Ponte Real Ferdinando, orgoglio delle Due Sicilie, resistette fino al 1943 quando i tedeschi, dopo averci fatto transitare il 60% della propria armata in ritirata compresi carri e panzer, lo fecero saltare. Oggi il ponte è stato restaurato ed è aperto alle visite del pubblico (in piccoli gruppi) in concomitanza con gli orari del vicino Comprensorio archeologico di Minturnae.

(adattato ed aggiornato da testi di Alfonso Grasso e Domenico Iannantuoni)

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