Secondo i vigili del fuoco dell’Alto Adige, i frequenti cicli di gelo-disgelo sarebbero i responsabili del distacco della parete rocciosa che lo scorso 5 gennaio si è abbattuta su un’ala dell’Hotel Eberle a Bolzano. Fortunatamente non si sono registrate vittime dato che l’albergo era chiuso a causa delle restrizioni dovute al COVID-19, ma solo danni e tanto spavento.

Le fratture verticali nelle rocce sono spesso sature d’acqua che deriva da infiltrazioni di pioggia, neve sciolta, o ruscellamento superficiale. Nella stagione invernale, in presenza di basse temperature, l’acqua ghiacca e aumenta di volume, favorendo un progressivo allargamento e prolungamento delle fratture. Col passare del tempo, una rete interconnessa di fratture può isolare interi blocchi di roccia, esercitando su di essi una pressione tale da farli crollare.
Il cambiamento climatico può far aumentare la frequenza con cui le temperature oscillano intorno allo zero in alcune zone dei versanti che prima restavano coperti di neve o ghiaccio per lunghi periodi. Di conseguenza, anche l’acqua nelle fratture della roccia può congelare e scongelare molte volte nell’arco di una stagione. Ciò può accelerare in modo considerevole il processo di degrado della roccia, aumentando la probabilità di crolli.
I crolli di roccia sono comuni nelle aree alpine e rappresentano un pericolo non da poco per le costruzioni e la viabilità immediatamente a valle. Il monitoraggio e la messa in sicurezza dei costoni più instabili sono le migliori armi per minimizzare il rischio. In alcuni casi può essere conveniente indurre la frana in condizioni controllate mediante esplosivi ed esporre così la roccia integra sottostante, che resisterà molto più a lungo alla continua azione delle intemperie.

